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È successo tutto così per caso, in una sera d’estate, a una cena tra amici. Lì ho conosciuto Giua. O meglio, c’eravamo già incontrati, ma non avevamo mai parlato così profondamente. Lei di musica, del suo processo creativo nel comporre canzoni, delle sue influenze “genovesi” del calibro di Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati, o di Joni Mitchell. Ma anche, non meno importante, del suo segno della Vergine! Io ovviamente della mia passione per l’astrologia, della scuola che – da provetto Harry Potter – ho frequentato a Oxford, di come lo sguardo al cielo di Dane Rudhyar e Rick Tarnas abbiano rivoluzionato la mia vita. E, anche qui non meno importante, del mio AstroDjSet e del mio amore per Dolores O’Riordan e Renato Zero.

Ecco, quella sera abbiamo scambiato e unito due mondi apparentemente diversi, ma con la forte vocazione di “comunicare”. Ci siamo salutati al motto di #siamotuttidellostessosegno (un hashtag che, chi mi conosce, sa essere a me molto caro), ma mai avrei pensato quello che sarebbe accaduto il giorno dopo. Ancora cianciato dal risveglio del mattino, ricevo una chiamata di Giua: “Ho sognato mia nonna Anita (!!!) che mi fischiettava un motivo”. Vi dico onestamente, non ho connesso immediatamente, le ho chiesto di mandarmi un vocale… che ho ascoltato qualche ora dopo. Sembra assurdo, ma da questo incipit è nata “Siamo tutti dello stesso segno”, in una sera tra due amici che si scoprivano e in un’astrologia che – seppur da sempre divide nel segno di appartenenza – con questo connubio ritrova nella musica la stessa curiosità di guardare al cielo.